Descrizione
"Il bel Borgo di Poncarale... questo sito non più lungo di un miglio e mezzo, e altro tanto largo, il quale (per lungo piano) forse non ha pari in tutta la Lombardia... copioso di amene e deliziose ville... dotato di tante buone cose..." con i suoi "cittadini accostumati, cortesi, pacifici" con i suoi "contadini che non mancano di amare e onorare con rispetto..." (A. Gallo - Le vinti giornate dell'agricoltura - gg. I, XVIII, XIX)
Questo fu il paese prescelto da molte illustri casate, quale stabile dimora o come residenza di campagna. Figure di rilievo che, per doti e prerogative diverse ed a seconda del loro modus vivendi, hanno spaziato chi in campo socio-economico, chi in campo culturale, altre ancora sono state esempi di virtù e di dirittura morale. Di tutte sono rimaste tracce gloriose e significative; di alcune, segni tangibili di cui, ancora oggi, i cittadini godono i benefici.
I Poncarali
I Poncarali
La casata dei Poncarali, da considerarsi tra le famiglie più interessanti e importanti del periodo medioevale bresciano.
La famiglia va acquistando sempre più potere nel XII secolo. E' importante il nome di Obizio Poncarali, console di brescia nel 1127 e figura di primaria importanza nel primo documento riguardante il comune di Brescia.
Altra personalità di spicco fu Guiberto Poncarali , padre di Azzone conte di Lecco. Segno della loro potenza, la Torre detta dei Poncarali che sorgeva sull'angolo sud ovest del Broletto. Da poco costruita, nel 1198, mentre era potestà di Brescia Giacomo Poncarali, dovette essere ceduta al comune per fare spazio tra essa e la Torre del Popolo al fine di creare il grande salone delle adunate cittadine.
Altro nome, quello di Giovanno Poncarale: fondò nel 1173 il Mercato Nuovo (oggi piazza Tebaldo Brusato) e firma con altri 7 consoli la pace con Bergamo e Cremona dopo la battaglia di Rudiano il 14 gennaio 1192. Sempre in quell'anno il 26 luglio fra i 67 più cospicui bresciani che firmarono l'accordo fra l'Imperatore e la nostra citta compaiono ben sei dei Poncarali: Obizzo, Guidotto, Bosadro, Ottobello, Lanfranco Testa e Pietro Causidrico. Bosadro, a sua volta, firma la pace con Bergamo l'11 agosto 1198, controfirmata anche da Lanfranco Poncarali, allora console di giustizia di Brescia e podesta di Milano più tardi, nel 1227.
Importante fu Giacomo Poncarali, triumvirato di indirizzo guelfo che nel 1210 suscitò una rivolta popolare che scacciò da Brescia il vicario di Ottone IV e che firmò un patto con sei comuni lombardi e che fu sconfitto a Castellano (Cremona) dai cremonesi il 2 giugno 1213. Giacomo, anche segnalato podestà a Mantova nel 1211 ed è podestà di Brescia almeno due volte, nel 1198 e nel 1211, quando firma la pace tra Brescia, Mantova, Verona e Cremona.
Figure a sè sono Alberto e Luigi Poncarali, il primo console a Brescia nel 1212, il secondo firmatario dei patti di Gavardo. Nello stesso anno Corrado Poncarali è console di giustizia a Brescia, mentre Lanfranco fu podestà di Milano.
Nel XIV secolo i Poncarali uscirono dalla cittadella vecchia di Brescia in seguito all'espansione urbanistica delle strutture comunali e si trasferirono nella quadra di S. Alessandro. Andarono poi espandendo le loro proprietà nella pianura bresciana fino a Volongo, Fontanella, Ostiano e Asola, Bagnolo Mella e Calvisano.
Singolare è il numero di religiosi Poncarali appartenuti ad ordini religiosi e specialmente nel 1540, a preti di S.Maria della Pace. Fino al 1797 parecchi Poncarali federo parte del collegio dei Giudici.
Nei primi del '700 il nobile Paolo Poncarali e il fratello, acquistavano il palazzo di Corso Magenta, le case vicine e il giardino, sede oggi del Liceo Arnaldo. In questo palazzo si costituì il 18 marzo 1797 il governo provvisorio sovrano del popolo di Brescia.
Dal 1818 al 1820 i Poncarali ebbero il riconoscimento di nobiltà dall'Imperatore d'Austria nelle persone di Camillo, Franceso e Fabio.
Ultima della famiglia fu la nobile Giulia Poncarali, vedova Petrali il 5 marzo 1898.
I Moro
Da alcune fonti storiche è emerso che i Moro furono presenti nel territorio sin dalla fine del XIV sec. Non si sa con esattezza a quando risalga l'origine di questa nobile famiglia ma esiste però, già nel 1303, un segno di presenza e di passaggio di un certo Mauro Moro, morto in quell'anno, costituito da un frammento di pietra con iscrizione sepolcrale cementato nel muro della primitiva casa dei Moro sita dietro il palazzo costruito più tardi. Si afferma che i Moro siano di antichissima stirpe di parte ghibellina e risultano tra i firmatari del patto di unione con Venezia del 1426.
La famiglia dei Moro, fin dal principio del XV sec., appartenne alla nobiltà bresciana con un Giacomo de Moris. già iscritto agli estimi del 1430. Numerosi sono poi i discendenti di questa nobile famiglia la quale era proprietaria dell'ospedale San Martino, prese possesso a Borgo delle Chiaviche dell'antichissima "hostaria, concessa per un ducato et mezzo" dove fu firmata la pace di Bagnolo nel 1484. I fratelli Moro, Giovanni e Girolamo, ed altri, a ricordo di tale evento, apposero una lapide e con "Ducale" del 25 settembre dello stesso anno ottennero, dalla Repubblica di Venezia, l'esenzione in perpetuo dai gravami sull'osteria stessa. Nel 1611 il Senato di Venezia fece una revisione sulle esenzioni concesse e riconfermò questo riconscimento a Benedetto Moro.
I Moro però non solo abitavano a Borgo, ma possedevano una casa nella vecchia Cittadella di Brescia, presso la piazzetta San Benedetto, dove risiedettero per circa cinquant'anni anni e dove esercitarono, per due generazioni, le professioni liberali di notai, giudici e medici. Con oculati matrimoni, si imparentarono poi con le migliori famiglie della nobiltà bresciana fra le quali i Cazzago ed i Martinengo.
Sembra che, oltre all'osteria, i Moro possedessero a Poncarale una filanda nella quale si produceva seta assai pregiata e che Giuseppe Zanardelli, allora giovane giornalista, in alcuni suoi articoli, elogiasse particolarmente la seta da essi prodotta.
Un altro personaggio dei Moro da non dimenticare è il nobile dottor Lodovico che, lasciata la città nel 1547, venne a Borgo anteponendo alla toga l'aria salubre e le bellezze della nostra campagna. Soddisfatto per il quieto vivere dei campi, con una lettera datata 23 novembre 1547, convinse il suo amico Giovan Battista Avogadro a lasciare la città ed a venire il villa a Borgo Poncarale.
Man mano ci avviciniamo al XIX sec. incontriamo l'ultimo ramo dei Moro: il capostipite dell'ultimo ceppo è Camillo, sposato alla nobile Giulia Zanetti dalla quale ebbe otto filgi: Caterina, Camilla, Luigi, Giulio, Emilio, Antonio e Girolamo.
Caterina entrò nelle Vergini di Gesù a Castiglione delle Stiviere ed inoltre cooperò all'educazione delle nipoti, Maddalena ad Elisabetta Girelli che le erano state affidate dalla sorella Camilla.
Camilla infatti sposò il nobile Giuseppe Girelli dal quale ebbe sette figli; viventi rimasero Maddalena, Elisabetta ed Elena Marietta.
Cecilia invece dedicò interamente la sua vita alle opere di carità e proprio a lei si deve la fondazione della casa di cura Moro, avvenuta il 13 febbraio 1880.
Giulio, non sposato, continuò a reggere ed a sovvenzionare la casa di salute e per questo l'Ateneo di Brescia onorò la famiglia Moro con una medaglia d'oro.
Girolamo (1806-1871), sposato, fu sindaco di Bagnolo Mella dal 1869. Per volontà testamentarie egli volle essere sepolto a Bagnolo Mella invece che nella tomba di famiglia nel cimitero di Brescia.
Luigi nacque l'11 novembre 1804 e morì alla veneranda età di 93 anni. Fece parte di molte congregazioni religiose e fu per molti anni consigliere del Comune di Brescia. Sposò la contessa Ippolita ed ebbe un'unica figlia, Giulietta, che venne data in moglie al conte Luigi Martinengo delle Palle e che, non avendo avuto prole, fu l'ultima discendente e benefattrice dei Moro: con la sua morte si estinse la nobile casata. Le sue ultime volontà furono attuate dalla nipote Maddalena alla morte del marito Luigi. Essa lasciò per poco prezzo l'avito palazzo e parte dei terreni alle suore canossiane.
Lo stemma di casa Moro è: "d'oro, all'albero di gelso (o moro) al naturale, fruttato di rosso".
Gli Emili
Anticamente i nobili Emili o de Millis, furono nobili rurali compresi nella matricola Malatestiana del 1406 1409 e furono fino al 1396 fregiati degli onori comitali per l'investitura imperiale. I nobili Emili figurano tra gli ottimati bresciani firmatari del patto di unione con Venezia del 1426. Patrizi originari ascritti al nobile Consiglio di Brescia, prima della serrata del 1488, godettero pure gli onori del patriziato in Verona, ebbero fondi a Montirone ed Acqualunga ed il loro casato si estinse dopo il 1796. Ai nobili Emili appartengono pure due eminenti canonici, Lodovico e Giuseppe, i quali ebbero un ruolo determinante nella controversia fra i nobili di Borgo, capeggiati dall'allora curato don Scarpari, ed il Capitolo della Cattedrale. La cascina Emilia, fino al XV sec.,fu unitamente alla cascina Bona, proprietà unica. Più tardi quando il Capitolo della cattedrale frazionò il fondo,la cascina fu data ai nobili Emili in enfiteusi. La cascina emilia è un interessante complesso agricolo, ristrutturato recentemente dai nuovi proprietari fratelli Toninelli di Lorenzo, con due case padronali. Accanto al palazzetto, di orgine tardo cinquecentesca, esiste una piccola chiesa, un tempo oratorio, dedicata a San Gaetano da Thiene.
I Bona
I nobili Bona ebbero come dimora la cascina Bona, volgarmente denominata la "buna" situata a nord della cascina Emilia. Patrizi originari, discendenti da una potente famiglia con vasti possedimenti nel territorio di Capriano nel secolo XIII, ebbero rapporti economici con il Vescovo e la corte vescovile e per questo motivo fu loro dato in enfiteusi parte del beneficio fondiario denominato allora Canonica, situato nel territorio di Borgo.
I rami dei Bona sono numerosi e gli antenati più sicuri della famiglia, certi Giacomo e Bartolino de Bonis, sono nominati con i nipoti nell'estimo Visconteo del 1388. Da uno di questi nipoti e da Ugoli, Andrea e Taddeo, forse suoi fratelli, ebbero origine i vari rami dei Bona che, per cinque secoli, appartennero alla nobiltà bresciana.
Il ramo dei nobili Bona si estinse dopo 1796. L'ultima discendente del ramo dei Bona fu Elisabetta, sposata nel 1874 con il conte Girolamo Silvio Pancera di Zoppola.
Con i Bona si imparentarono i Briggia, i Cavalli, i Chizzola, i Girelli. Questi ultimi c'interessano da vicino perchè presenti a Borgo ed imparentati a loro volta con i Moro.
Lo stemma dei Bona è l'antica arma inquartata di vermiglio e d'argento. Altro stemma sempre inquartato: nel primo e nel quarto troncato d'azzurro e d'oro al leone rampante dell'uno sull'altro, e nel secondo e nel terzo, d'argento, alla croce portante d'azzurro.
I signori Consoli, il signor Giacomo Toninelli, e i signori Toninelli fratelli sono gli attuali proprietari della cascina Bona.
Gli Avogadro
I nobili Avogadro sono considerati una delle casate più potenti fra tutti i feudatari del XII secolo. Alcuni storici attribuiscono loro un'origine bergamasca e li considerano dei patrizi originari ascritti al Consiglio del 1488 e discendenti dagli Avogrado del Giglio, il cui stemma è: troncato d'oro e d'argento al giglio di rosso sulla partitura. Altri invece, li definiscono antichissimi patrizi bresciani, i quali trassero il loro nome e la loro potenza dalla carica feudale ereditaria di "Advocati Ecclesiae Brixiensis" (avvocati della chiesa bresciana) che detenevano sin dal XII secolo.
Come avvocati, pretesero il diritto della chinea quali vassalli e scudieri del Vescovo di Brescia, privilegio conservato fino al 1466 quando Pier Francesco lo esercitò per il Vescovo Domenico de Dominicis. Anche il Vescovo Giovanni da Fiumicello, in cambio del servizio reso, cedette il suo cavallo al suo accompagnatore e scudiero, un Avogadro, che poi egli ricomprò pre quattro lire imperiali o milanesi. Oltre a questo privilegio gli Avogadro imposero la loro potenza signorile nell'ufficio di Gastaldi o Canevari delle principali corti vescovili fra cui quella di Bagnolo. Gli Avogadro, essendo stati i primi Gastaldi, cioè ufficiali rappresentanti amministrativi ed economici dell'ufficio vescovile, retribuiti con assegnazione di fondi o di decime, oltre all'esercizio amministrativo, che implicava autorità giudiziaria e militare nel distretto assegnato, pretesero una percentuale fissa da tutti i Gastaldi che si susseguirono. Per riattestarsi e farsi riconoscere il diritto, intestarono persino un processo contro il Vescovo Giovanni da Palazzo nel marzo del 1206.
Ci soffermiamo a presentare Gian Battista Avogadro, noto personaggio presente nella vita sociale del nostro paese.
Maestro di agricoltura, arguto interlocutore e figura rappresentativa nei dialoghi delle "Vinti giornate della vera agricoltura e i piaceri della villa" di Agostino Gallo, invitato dal nobile Ludovico Moro con una lettera datata 23 novembre 1547, lasciò la citta, sua residenza, e si trasferì a Borgo nello stabile di S.Urbano, di sua proprietà. Ivi costruì la sua villa con giardini e pergolati ed una chiesetta in onore del Santo, convertita poi in casa colonica, di cui esiste ancora traccia nei pressi del ponte sul fiume Garza.
In questa dimora egli amava soggiornare e radunare amici e gentildonne. Ed agli amici che lo biasimarono per aver abbandonato la città per abitare in quella piccola villa, egli rispose che se avessero conosciuto anche loro le delizie ed i benefici della campagna, sicuramente non gli avrebbero mosso simili critiche ed anzi, gli avrebbero scritto sulla porta di casa le stesse parole che Catone, lasciata la grandezza di Roma per ritirarsi nel suo piccolo podere, trovò sulla sua: " O ben fortunato Catone, poichè solo tu sai vivere al mondo".
I Nassino
La Nassina è una grande cascina a sud dell'Emilia, confinante con il territorio di Montirone e Bagnolo Mella. Ne furono proprietari anticamente nobili Nassino ritenuti probabili discendenti dagli antichi capitani di Concesio. Essi non figurano nella Matricola Malatestiana del 1406, ma risultano quali firmatari del patto di unione con Venezia del 1426.
Facciata frontale della cascina Nassina
Ad un ramo di questa famiglia appartiene Pandolfo Nassino, cronista attento e severo che, attraverso le sue "Memorie", preziosissimo autografo queriniano del sec. XVI, lascio molti scritti interessanti sulle numerose famiglie nobili bresciane denunciando i loro fasti e nefasti. E' proprio per merito di questo personaggio che si hanno notizie di un certo Emiliano Nassino, un valoroso ignorato dalla Repubblica Veneta per la quale egli combattè e mai ricordato dagli storici per le sue gloriose imprese. A Pandolfo si deve anche, con gli uomini radunati a san Vigilio e convenuti da ogni parte della valle, la presa dell'Albera e di Canton Bagnolo in Brescia nel 1426.
Un altro Nassino, Baldassare, partigiano dei Visconti, fu invece decapitato l'8 agosto 1440.
La stirpe dei nobili Nassino si estinse dopo il 1796 ed il loro stemma è azzurro con giglio coronato d'oro.
Della cascina Nassina, oltre ai nobili Nassino, furono proprietari il Conte Aimo Maggi e recentemente gli attuali signori fratelli Nodari.