Palazzo Ranchetti - Dimora di Agostino Gallo

La solida costruzione cinquecentesca che si affaccia a mezzodì della strada che porta alle chiaviche, è forse la costruzione più interessante del paese.
Chi abitò per primo questa villa non è dato sapere. Si dice sia appartenuta ai nobili Moro, proprietari che possedevano circa ottocento più di terra a Borgo. Non si esclude però che sia stata anche la dimora di Agostino Gallo per certe sue asserzioni che si riscontrano nelle "Dieci giornate dell'agricoltura", pur sapendo che la sua primitiva residenza era la Cascina Gallo, a nord della chiesa.
Verso la fine del Settecento, il casamento, di proprietà già di Vespasiano Moro ma posseduto ingiustamente dai Conforti, diventò un'abitazione comune e più tardi, passando di mano in mano, venne ridotta in pessimo stato. La villa presenta la facciata principale rivolta verso nord, ed è costruita da tre altissime arcate con pilastri in bugnato di cotto che, proseguendo, incorniciano pure gli archi. Questo sistema di bugnato, piuttosto particolare, era a quel tempo poco usato. In corrispondenza degli archi, nella parte superiore, vi sono tre grandi finestre con al centro un balcone, con eleganti colonnine in pietra e snelle e leggere mensole sotto il cornicione. Sotto l'ampio porticato o androne troviamo la porta con elegantissimo stipite e cornice di marmo, sormontata da affreschi, testè restaturati, nelle lunette alte raffiguranti paesaggi.
Dalla porta centrale ci si immette nell'abitazione; costruita da un ampio salone, anticamente il cosiddetto "caminadù", che mantiene sempre lo stesso schema delle sale del tempo ed attraverso il quale si accedeva ad esse. Le pareti, prima restauro, erano semplici ed affrescate con vedute di paesaggi alquanto deteriorati dall'incuria e dall'usura del tempo. A sera due finestre con al centro un grande camino in pietra con mensole laterali che terminano con branca di leone. Il soffitto è a volta con riquadro centrale e riquadri laterali. In questi riquadri troviamo affreschi ridotti in pessimo stato, non per le esalazioni di un caseificio alloggiato un tempo, come si sostiene nelle "Dimore Bresciane", bensì per il fumo esalato dalle cucine dei militari installatisi nel palazzo durante la guerra 1915-18.
Nel riquadro centrale del salone è raffigurato Apollo circondato dalle nove Muse, gli altri affreschi sono illeggibili. Detti affreschi, sembra siano di mano del Gambara. Nel rimanente edificio troviamo due salette, una, a sera, con affreschi e soffitto a cassettoni, l'altra, a mattina, con la volta affrescata, mentre lungo la fascia perimetrale scene con raffigurazioni epiche molto interessanti che vengono attribuite al Gambara. A sud della saletta, dopo l'abbattimento dei muri innalzati un tempo per ricavare  abitazioni per i contadini, è riemerso un ampio salone rettangolare sui cui muri si intravede un fregio che corre lungo tutto il perimetro della sala.
Tornati all'esterno possiamo ammirare le fiancate con finestre munite di belle inferriate e con due originali eccentrici balconi, nella parte superiore verso gli spigoli a nord del palazzo, e fitte mensole che si rincorrono sotto il cornicione.
Sulla fiancata a sud del palazzo vediamo un bel transetto, delimitato da piccole colonne che, dopo il restauro, è stato restituito come era in origine.

 


Tratto da: "BORGO DI PONCARALE - Fogli di storia, cultura ed arte"
di Anna Artioli, Luciano Artioli
Parrocchia di Borgo Poncarale
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